Eternità, diresti tu

Un baratro troppo arduo in cui gettarsi
a piedi scalzi, il mio freddo ciglio
un abisso d’acque in cui fare una sosta
oppure, una roccia coperta di muschio
in cui adagiare la nuda carne
e i lunghi capelli, prima che sia tardi,
prima che tutt’intorno lucciole ubriache
celebrino la notte effimera e bugiarda.

Eternità, diresti tu

Impronta lasciata cadere sui corpi
di gelido marmo in un giorno qualsiasi;
volubile ed eterea, desiderata, odiata,
sei alla pari di una bella donna
che ammicca gentile sfamando sogni
ma solo al prescelto concedi il tuo letto;
cammini taciturna nell’alba, affogando
i tuoi dubbi come figli illegittimi
e a sera, parli con in mano una coppa.

Oh eternità, che malefica creatura!

Ti vedo distesa sui sassi di un fiume,
vestita di niente, vestita da sposa,
infedele attendi nelle parole affilate
il nemico del sole, è lontano da te.
Ti sento suonare l’arpa sull’alto scoglio
vegliarda sirena, amante degli uragani
e circondata dai canti dei corvi,
neri come l’inferno, senza rimorsi.

Eternità, diresti tu

Le tue argentee mani cadono dal cielo
su fondali accesi di stelle, stringi i polsi
e di candele accendi soglie indecenti.

Cristina Desogus