Chi muore non si discosta più del dovuto
dal rumore di un sasso gettato lontano.
Forse è morte la linea slegata che realizza
il soliloquio incerto della pazzia;
nella goccia ritratta dietro allo specchio,
nell’opaco perimetro scavato di un volto.
Forse è morte lambire i tasti di un piano
a cui non occorre orecchio perché muto.
Forse era morte il tempo dei pianti,
ora si è chiusa nelle assonanze del nulla.
Cristina Desogus