Posts Tagged ‘attimi di vita’
Pioggia
mercoledì, Novembre 26th, 2008Silenziosamente sulle rive del mio mare…
domenica, Novembre 2nd, 2008
Passi silenziosi nel passato
lunedì, Ottobre 20th, 2008E se…
mercoledì, Ottobre 15th, 2008
Riscaldata dal sole
lunedì, Ottobre 6th, 2008
Spazi senza tempo.
sabato, Settembre 27th, 2008Delusioni
giovedì, Settembre 25th, 2008
La ricerca di me stessa sperduta nel pensiero
venerdì, Settembre 19th, 2008Libero scorre il pensiero.
E’ sconcertante quanto spesso si abbia bisogno di scrivere per riuscire a liberare la mente, il senso di inadeguatezza che affligge ogni centimetro del proprio essere, diventa come un corda di cuoio , che dopo esser stata bagnata stringe il collo facendo mancare il respiro. E così, all’improvviso davanti al proprio sguardo, scorrono fiumi dove le acque appaiono divise, dai sassi ma inesorabilmente convogliano tutte prima o poi verso la stessa cascata. Seduta sulla riva di questo strano fiume osservo silenziosa, fili d’erba che mi fanno compagnia danzando sospinti dal vento, non riesco a parlare con loro, eppure loro lo fanno con me, ondeggiano, come a volermi far capire che tutto dipende da ciò che ci sfiora… Vorrei tanto poter dire che adesso mi sento forte, che nulla mi ferisce, eppure, almeno con me stessa non posso nascondermi dietro false maschere… In quel fiume conto i sassi, 1, 2, 3,… Né perdo il conto, né sento i lividi sui fianchi, quando cercando di non affondare, a loro ho sbattuto, evitato uno, non ho avuto neanche il tempo di respirare perché il successivo era li, ad attendermi, e via di seguito fino all’ultimo, fino a quella cascata, nel vuoto senza appiglio… Un liberazione quasi… Immergendomi tra quei flutti ho sperato di riuscire a far affondare i miei pensieri, ma loro leggeri più del mio dolore, sono rimasti a galla. Quasi a voler prolungare la mia agonia, il mio cammino… Loro mi hanno fatto arrivare a riva. Un disfatta dietro l’altra, in cui altro non si nascondeva che un combattere solo contro me stessa, rifiutando il mio essere fragile. Il silenzio, adesso mi fa da coperta nelle lunghe notti insonni, il cielo che rinchiudo in una stanza, da quaderno. Unica luce, il flebile bagliore delle stelle che ho smesso di contare, ma, riposte davanti al mio foglio uso come candela, che delicatamente illumina ciò che fa troppo male vedere, che per paradosso, sento il bisogno di scrivere.
Un albero di salice
piegato dal vento,
sporge verso le sponde
scivolose di un fiume.
I suoi rami verdi,
vivono nella speranza
di sfiorare l’acqua.
Che pena osservare,
quelle foglie gialle
rimaste attaccate
sapendo di morire…
E’ notte, e tra quelle fronde sento il canto della malinconia che riempie l’aria, disegna sfavillanti magie per dileguare nebbie, s’alzano come fumi da una sorgente che non si ferma mai di scorrere, e il pensiero scava, si dimena, si dibatte, come un pesce appena tirato su dalla rete…Sa di morire, sa di esser destinato ad altri scopi…Ma ha sete e di quelle acque limpide come il silenzio, ne fa bevanda da guastare, al pari di un assetato nel deserto, quando legato a un centimetro dalla borraccia piena, la vede, la sfiora, ma non se né può dissetare.
E, allora…
Vola allora pensiero,
spiega le tue ali
dalla mie schiena,
portami lontano,
tra i boschi e gli antri oscuri
della mia mente.
Sono stanca di stare qui
in riva al fiume ad osservare,
a vedere ciò che scorre
in un circolo vizioso
sempre controcorrente.
Sempre da me ritorna
in un eterno inizio
che non ha mai fine..
Poesie classiche, poesie d’amore, ormai tutte le letture, non sfamano più la mia insaziabile volontà, di capire ciò che tutti vedono, ma che per orgoglio forse, non voglio accettare… Stanotte no! Non intendo scendere a compromessi, ormai lontani sono i discorsi, lontani i ragionamenti e le domande che le solite risposte non accetteranno più. Non esiste la teoria degli opposti nel mio pensiero, non resta in piedi neppure il discorso di me differente e quindi incomprensibile… Mi si ascolta quando conviene, quando forse, indubbiamente, la realtà delle cose diventa un innegabile paradosso da sostenere, per non dover rispondere a chi, ha occhi per vedere.
E, allora…
Coraggio,
buttati dentro te stessa,
salta il fiume del tuo pensare.
In lui lasciati trasportare,
verso ogni luogo la corrente
riesca a farti arrivare.
Saltato il fiume, dall’altra riva osservo e scruto me stessa .
Un riflesso di tristezza e malinconia, ghirlande di fiori che non odorano più, foglie stinte, su cui scrivere pensieri senza inchiostro, senza senso, senza rimorso di aver scelto, pur sapendo di sbagliare.
E intanto, il fiume scorre e in lui libero la mia mente, come se fluttuare senza peso nella sua superficie potesse aiutarmi a non lasciarmi andare… Ma che voglio fare? Io voglio, lasciarmi trascinare, voglio sentire la corrente che mi sostiene, che mi attraversa… E senza oppormi arrivare, dove neppure io so di voler andare…
Come relitto dopo un terribile naufragio,
andrò alla deriva se sarà destino, oppure
nell’ acqua controcorrente risalirò
per ritrovare il comando di una nave
ormai colata a picco, senza tesori,
senza diamanti, perle e rubini…
Soltanto fogli, tanti, nessuno bianco,
tutti imbrattati di parole impresse,
sconnesse e libere,come le lacrime
che mi impedivano, allora di vedere
ciò che scrivevo… Oggi ciò che scrivo.
Unica penna, la mia mano
che le asciugava…Che adesso le asciuga!
Ora basta! Sono stanca , mi sento svuotata, come se linfa vitale dalla voglia di scrivere mi fosse stata rubata…
Tornerò ai piedi di quel salice, ad aspettare che lui riesca a realizzare il sogno di sfiorare quelle cristalline acque, il suo vivere o morire sarà d’esempio per me…
Se riuscirai, oh albero, raccogline un pochino anche per me, per dissetare la mia vita che in acqua si sostiene, che nell’acqua annega, che di sete muore.
Quanto amo il silenzio…
lunedì, Settembre 15th, 2008
Quanto?
Quanto ho atteso questa lunga notte
per piangere, liberare il peso che schiacciava il respiro,
come se la volta celeste dovessi sostenere
con le mie stesse mani, sapendo di non reggermi
neppure salda sulle mie gambe.
Quanto?
Quanto ho atteso il buio e il silenzio, invocando
lo squarcio di un fulmine che incenerisse anche l’ultimo albero,
affinché il suo fruscio smettesse di farmi compagnia.
Oh, silenzio
mio adorato compagno, mio amante fedele,
quanto ti ho atteso nell’attimo di noi,
dove il mio cuore poter alleggerire, dal dolore…
Quanto?
Quanto adesso che nei miei occhi stanchi
sento l’incedere del pianto il mio petto è leggero,
mentre suona il suo canto,
come se la notte fosse una grande arpa divina,
in cui le mie mani disegnano i sogni di me bambina,
liberandomi nel nulla, senza peso ne tormento.
Quanto?
Quanto ho lasciato andare nella luce che s’allontana,
guardando l’angolo più nascosto della mia anima
per non sentire, la mia vita come una diga che frana.
Quanto?
Quanto ti amo mio adorato silenzio, adesso,
che nel riflesso lontano del mare in tempesta
non sento, più occorrenza di quel calore
che ormai, non ha più voce, ne parole.
(Criss)