Un lungo respiro d’impronte a cadere.
Un vuoto senza orizzonte tra i giorni e il sé.
Recisi i sogni delle varie ragioni, tristezze
caddero in autunno come foglie morte.
Nei diversi cicli di disarmato conflitto
qualcosa di indiscreto era il giallo
dell’estate con i suoi caldi silenzi di grano.
Spietata e trasparente giunse poi alla neve
d’inverno e, come d’estate aveva spogliato,
adesso foderava germogli affilati e squarci.
Nel fluido inganno di una corta primavera
che saziava di briciole e abbagli, le notti
adagio dissotterrò dalle assenze e, gli occhi
scaraventò dentro prati di papaveri rossi.
Cristina Desogus