Leggendo Fra(da: Come naufrago)

Come naufrago
 
Di  quegl’attimi ultimi
muti fuggiti nel vento
ho fasciato la lingua
e il mio capo
ma la pelle ho asperso
e la mente al suo canto.
 
Ho comprato una vela
e un legno lieve
al mercato del pesce
e un guscio ho costrutto
ad affrontar’ le onde
 
Il vento mi spinse
per calli inviolate
su umide valli
e sotto il mar li remi
fessi a governarne il flutto
 
Su candide spume
il suo corpo emerse
come Dea fortunata
come unica terra
che al canto suo
al suo amor s’appella.
 
Naufrago io allor’ divenni
e di porti e strade
mi scordai la mente
allo splendor’ che agl’occhi miei
mi prese.
 
Ancora palpita il cuor’
sopra allo scoglio
è onda ogni sua lacrima
e ogni sospiro è pioggia
sopra alle vesti.
 
Francesco Melis
 
***
 
 

T’ho visto andar triste attraverso le onde
lontano nel vento senza timone
hai seguito solo un pulviscolo di stella.
 
Ed io, in quell’orizzonte di fuoco
 che è tuo abbraccio ho perso lo sguardo
trovandomi per sempre nel tutto
che irrimediabilmente possiede il mio cuore.
 
Nell’ondeggiar mutevole del nostro mare
ho abbandonato senza rimedio
l’anima persa nel tempo senza ritorno
colorando le pareti del cielo
di me e di te.
 
In quel giorno che oggi appare limpido
nella memoria come allora
 
senza ragione alcuna se non in quelle dell’amore
ai flutti ho gettato ogni difesa
per arrivar dove, tu oggi sei
 sole che brucia la pelle con lo sguardo.
 
Maledetto il destino che di me si fa scudo
e di notte indossa vestito
sferzandoci con onde selvagge che d’amor
il tocco raccontano.
 
Non son dea, non sono mortale.
 
Son aria dispersa nei flutti di un dio
che è diventato mio mare
trasportandomi nell’immensità dell’oblio 
riversando e prendendo respiro
nei gesti che regalano morte e vita
in un sol colpo.
 
Non conosco né voglio più limite
di lidi e calde spiagge, di scogli e dirupi
a cui appigliarmi non cerco più fermezza
 
dispersa e fragile sono ora nel suono
che da lontano mi giunge imprigionandomi a te
nella più immensa delle gabbie.
 
Cristina Desogus